Valbrona è un comune di 2.614 abitanti (densità: 193,46 ab/kmq), della provincia di Como in Lombardia. Valbrona si trova in un ampia vallata i cui confini sono: a ovest la Vallassina, a est il ramo di Lecco del Lario, a sud i tre corni di Canzo (quello occidentale e centrale costituiscono il confine con l'adiacente comune di Canzo, mentre l'orientale è nel territorio del comune di Valmadrera), a nord il Monte Megna. Costituiva uno dei tre raggruppamenti di villaggi che formavano la Vallassina, ed è formato da quattro frazioni: Visino, Osigo, Candalino e Maisano, che un tempo erano comuni indipendenti, anche se operavano frequentemente in modo consorziato. E' rimasta memoria di un quinto abitato, quello di Olimna, che sorgeva presso Visino e che sarebbe andato distrutto da una frana. Si trova in un'ampia vallata, di fronte alle Grigne, ricca di pendii, di boschi e di acque (non a caso è chiamata la valle delle sorgenti). E' attraversata dal torrente Foce che raccoglie le acque da più sorgenti e sbocca nel Lambro in località Valle Tegna ad Asso formando una caratteristica cascata. Sparsi nella vallata sono presenti dei massi erratici.
Valbrona nasce come villaggio celtico, sul suo territorio sono state trovate testimonianze celtiche oltre che a reperti risalenti all'età del rame, e recentemente sono stati scoperti monumenti funebri etruschi. Successivamente venne conquistata dai romani. Gaio Giulio Cesare fece fondare colonie in tutto il territorio del Triangolo Lariano perché lo considerava un territorio strategicamente importante per la difesa della Penisola Italica. Le prime tracce disponibili su cui è possibile fondare la storia di Valbrona risalgono al XV secolo, epoca in cui Valbrona apparteneva alla comunità generale della Vallassina, nel ducato di Milano. Durante il dominio del Ducato di Milano Valbrona seguì le sorti del resto della Vallassina, dapprima infeudata ai Dal Verme (1441), poi al bolognese Tommaso Tebaldi (1469) e infine agli Sfondrati (1533). Nel 1751 il comune infatti era controllato dal “conte delle Riviera” Carlo Sfondrati. In seguito alla sua morte avvenuta senza eredi nel 1788, i suoi possedimenti furono assorbiti dalla regia Camera. Durante l'era Napoleonica i comuni di Valbrona e di Visino furono annessi a quello di Asso, ma cinque anni più tardi Valbrona fu annessa al comune di Onno. Con la restaurazione si ricostituirono i comuni di Valbrona e di Visino come entità autonome. Nel 1927 il comune di Visino fu annesso a quello di Valbrona.
Le frazioni
Visino è posto a sud-ovest, all'ingresso della valle, del centro abitato verso Asso. Prima che si sviluppasse l’agricoltura, la gente viveva di pastorizia, caccia e pesca. Ora Visino, per secoli paese rurale, è la frazione più industrializzata di Valbrona, essendosi qui sviluppate le più grandi attività industriali. Nota caratteristica di Visino, valida in parte anche per le altre frazioni della Valbrona è rappresentata da una forte propensione delle genti locali a “migrare” esportando le proprie maestrie (San Michele viene ricordata anche quale chiesa degli emigranti). Un popolo che non se ne andava perché dove viveva stava male ma semplicemente perché le proprie maestrie erano richieste e ricercate.
Chiesa di San Michele: è edificata sopra un’altura ai margini dell’abitato della frazione di Visino. Un alto muro delimita il sagrato raggiungibile dalla strada, mentre l’accesso posteriore è consentito da una scalinata in pietra. Il primo documento che testimonia l’esistenza della chiesa di San Michele è il “Liber notitiae sanctorum mediolani”, opera della seconda metà del XIII secolo. Probabilmente la sua origine è ancora più antica ma non esistono fonti certe; la sua dedicazione rimanda all’epoca dei Longobardi, tra il VI e l’VIII secolo.Il vero tesoro della chiesa è il polittico di Ambrogio da Fossano detto il Bergognone, si ipotizza che sia stato commissionato da un lanaio locale ma non vi sono testimonianze. All’interno della chiesa sono conservate anche alcune opere di pregio, risalenti a diverse epoche, lasciate in deposito dalla Pinacoteca di Brera: opere del Bergognone, del Morazzone e di Andrea Appiani. Vai alla pagina della storia di questa chiesa.
Parrocchiale della Beata Vergine Assunta: Gli abitanti di Visino, ritenendo la chiesa di S. Michele troppo piccola e scomoda, iniziarono a costruire la nuova parrocchiale nel 1828, al centro del paese. La costruzione terminò solo nel 1846, a seguito di alcuni problemi finanziari. La chiesa è in stile neoclassico, ed è stata progettata a croce greca. L'interno presenta una cupola emisferica centrale decorata con simboli tratti dal nuovo e vecchio testamento. Al centro del presbiterio è collocato l'altare maggiore in marmo con un sovrastante tempietto a cupola che racchiude, entro sei colonnette in marmo bianco, un crocefisso scolpito in Val Gardena,e qui collocato il 14 agosto 1962. Sull'architrave ligneo, che col sovrastare il crocefisso domina l'arco presbiteriale, è riportata l'esortazione tratta da una profezia di Isaia: "attendite ad petram ubi ecclesia estis". Le artistiche vetrate in piombo nell'abside sono state realizzate nel 1993 dal pittore Mario De Leva. La cappella laterale del braccio sinistro è dedicata alla Beata Vergine. In essa è collocata una statua policroma in legno risalente al 1839, cui è stato aggiunta nel 1939 (in occasione del centenario) una corona d’oro. Una nicchia laterale contiene una statua in gesso di San Giuseppe, patrono universale della chiesa, protettore degli artigiani e degli operai.
Candalino frazione nata in epoca tardo feudale ed aveva la sua sede in località detta Torre “Tourr”, precisamente dove ora sorge la villa “De Marchi”. La sede feudale era circondata da un vasto parco e da poche casupole di contadini. Varie vicissitudini costrinsero i feudatari a lottizzare e vendere i terreni , che, acquistati da gente dei dintorni, costruirono le loro case, vicino all’acqua, fonte di vita. Man mano che il feudo vendeva, la frazione si sviluppò ulteriormente. Una delle attività importanti di Candalino fu la trasformazione in calce della roccia dolomitica di cui la frazione è ricca. Era presente anche un mulino x la macinazione del grano locale, che poi fu trasformato in mola, dove andavano i “muleta” ad affilare le lame. Nel ‘600 dalla Brianza si trasferì a Candalino la famiglia dei Beretta che, sfruttando l’acqua dei Corni, costruì il filatoio che dava lavoro ad un buon numero di operai. A metà del ‘700 arrivò a Candalino uno svizzero di cognome Shaiber, che per 40.000 “svanzeghe” acquistò il filatoio con il terreno annesso. Egli seppe moltiplicare l’industria della lavorazione della seta, portando a cento gli operai. Tracce di un castello militare di origine medioevale sono state ritrovate sopra lo sperone roccioso che domina la valle.
Oratorio della Beata Vergine Addolorata: prospicente a un piccolo sagrato questo oratorio comunemente è chiamato la “Gesöra”. Fu costruito a partire dal 1703 dal Reverendo Carlo Francesco Micheli, nativo di Valbrona ma prevosto di Missaglia. La struttura è estremamente sobria; la facciata esterna ed il piccolo campanile, le spoglie pareti, la cupola e la volta del presbiterio vennero dipinte e decorate dal pittore Vilasco Fiorentino di Monza tra il 1966 e il 1967. L’opera di maggior pregio è la pala d’altare che raffigura la Deposizione di Cristo dalla Croce. Il dipinto, un olio su tela, sarebbe da attribuirsi ad un pittore lombardo della metà del XVII secolo, della scuola dei Crespi e Gherardini.
Osigo frazione nata in epoca tardofeudale ed aveva la sua sede in località detta Torre “Tourr”, precisamente dove ora sorge la villa “De Marchi”. La sede feudale era circondata da un vasto parco e da poche casupole di contadini. Varie vicissitudini costrinsero i feudatari a lottizzare e vendere i terreni , che, acquistati da gente dei dintorni, costruirono le loro case, vicino all’acqua, fonte di vita. Man mano che il feudo vendeva, la frazione si sviluppò ulteriormente. Nel '700 il feudo vendette la proprietà a una famiglia milanese, i Tagliasacchi, che costruirono la loro dimora nel centro della frazione: la Curt di Biunt. Osigo è situata in posizione centrale rispetto alla totalità del territorio della valle e oggigiorno è articolata attorno alla strada principale che attraversa la valle stessa. Nel XVII secolo gli abitanti delle frazioni di Maisano, Osigo e Candalino, si accordarono per creare un loro comune con una loro parrocchia.
Santi Apollinare e Materno: è la chiesa parrocchiale, posta di fronte al municipio, ai lati della SP46. La dedicazione è a Sant'Apollinare primo vescovo di Ravenna e a San Materno di Milano, vescovo e confessore. Si hanno testimonianze scritte dell'esistenza della chiesa intorna alla metà del XIII secolo, e si trova nel "Liber Notitiae Sanctorum Mediolani" compilato da Goffredo da Bussero. Divenne parrocchia nel 1567 e nel 1570 fu visitata da San Carlo Borromeo. La chiesa è in stile barocco, fu restaurata nel 1908, e successivamente venne completamente riaffrescata e ridipinta tra il 1966 e il 1967 dal pittore Fiorentino Vilasco di Monza. La facciata è profilata da cornici e finte lesine, dal sagrato vi si accede tramite tre ingressi, il portale centrale è caratterizzato da un maestoso atrio sporgente sull'entrata. Il campanile eretto nel 1791 è dotato di cinque campane. L'interno, a unica navata con volta a botte, si presenta nel suo insieme una chiesa ampia, semplice nel suo elegante stile barocco. La pavimentazione in marmo nero di Varenna è del 1622,. Nel presbitero è presente un maestoso altar maggiore rivestito di marmi policromi realizzato nel 1775; il tempietto dell'altare racchiude il crocefisso con due angeli in preghiera e sulla sommità è posta la statua del Cristo Redentore. Sulle pareti laterali del presbiterio si trovano due grandi affreschi che rappresentano due fatti inerenti la vita dei due santi. Al suo interno si conserva la Bolla del Perdono, concessa ad un Danelli di Maisano dal Papa Benedetto XIV.
Curt di Biunt: è un edificio storico di particolare pregio architettonico, articolato intorno ad una corte pavimentata con accesso da un portale monumentale in pietra. Nella corte sono presenti memorie degli edifici di servizio: scuderie, stalle, pozzo. E’ presente un loggiato colonnato su tre piani.
Maisano le origini storiche della frazione si ritiene risalgano all'epoca della decadenza dell'Impero Romano quando popoli stranieri invasero il settentrione. Inizialmente apparteneva al feudo di Limonta, e la zona era selvaggia e abitata da poche baite di pastori. Quando la proprietà passò al Monastero Maggiore di Milano che donò la proprietà ai Frati bonificatori, detti Roncari, ebbe inizio un'opera di bonica e di sistemazione del terreno a gradoni, facilitandone così la coltivazione. Mentre avanzava la bonifica, la baita venne trasformata in una casa in muratura. Successivamente fu costruita una seconda casa che conserva ancora carattere monastico, detta dei Roncareggi e ancora di proprietà di questi. Nel seicento, la comunità si sciolse e ciascuno prese una porzione di terreno bonificato. Alcuni “Roncari” vendettero la loro porzione ad abitanti dei paesi vicini. La zona passò poi al “Feudo di Asso”, in quel periodo fu costruita la torre, di architettura militare e il nucleo storico, con probabile destinazione originaria a presidio militare per il controllo dell'accesso della zona verso il lago. Ora gli edifici del nucleo storico sono caratterizzati da un impianto architettonico a corte, tipico delle case rurali, con lobbie sui due lati interni alla corte, fienile, stalle che si affacciavano sul cortile, finestre e porte anch’esse rivolte all’interno. Piccole finestre erano poste sui muri esterni e quelle che oggi si vedono, sono state aperte recentemente.
Oratorio di San Rocco: è posto lungo la SP46 all'innesto della strada che sale ai Corni. L’edificio nel 1567 era una semplice cappella con copertura a volte affrescate ma nel 1620 venne ristrutturata e consacrata. Tra il 1969 e il 1970 si realizzò un radicale restauro dell’edificio ad opera del pittore Vilasco Fiorentino di Monza. All’interno dell’oratorio si trovano le statue di San Rocco e di San Sebastiano, donate dagli abitanti Maisano, abbinati perché legati al mondo contadino.
Santuario della Madonna della Febbre: (conosciuto anche come madonna della Valle) sorge lungo l'antica mulattiera che unisce Valbrona con le sponde del lago. La leggenda vuole che nel 1779 alcuni valligiani videro nel letto di un ruscello una piccola statua raffigurante la santa Vergine e la portarono in parrocchia. All’indomani la statuetta era scomparsa e fu recuperata sulle rive dello stesso ruscello e, pensando a uno scherzo, venne riportata nuovamente in parrocchia. La statuetta scomparve nuovamente e venne ritrovata nello stesso posto. Lì si pensò che fosse il luogo prescelto dalla Vergine e gli abitanti fecero voto di innalzare un santuario, implorando la protezione della Beata Vergine per le calamità. La statuetta trovò così dimora al centro del piccolo altare, dove si trova tutt’ora. Nel 1942 venne collocato un cuore di cristallo, opera dell’orafo Giuseppe Villa, in cui furono deposti i nomi dei soldati che partivano in guerra e di quanti vollero mettersi sotto la protezione della Madonna. Ora il cuore racchiude i bigliettini con i nomi dei combattenti che non fecero più ritorno.